martedì 3 aprile 2012

Bastoncini

E' un semplice bastoncino. Di legno. Lungo circa 50 cm. Quadrato di quattro lati larghi circa 5 mm. Sarà stata la semplice e spontanea precisione della sua forma, il suo essere di legno, il suo essere metafora.
A coppie abbiamo retto un solo bastoncino, da indice a indice, in equilibrio stabile quanto precario. Gli occhi chiusi, la musica.
Un semplice quanto nuovo esercizio teatrale. Non pensavo ci sarebbe stato un oggetto così semplice da farmene innamorare, non pensavo che un esercizio teatrale potesse ancora stupirmi così.
Il gioco era muoversi nella musica e ad occhi chiusi senza far cadere il bastoncino. Facile ma non troppo. Questione di profondo e intenso ascolto, equilibrio, armonia.
Le coppie poi sono diventate trii e la questione si è fatta più complicata; complessa quando i trii sono stati riunificati in un unico gruppo. Braccia protese unite da bastoncini. Musica lenta accompagnata dal rumore dei bastoncini inesorabilmente caduti.
I movimenti che si possono fare in coppia non si possono fare in un trio e vanno di nuovo ripensati man mano che il gruppo si allarga. Le mie possibilità possono non essere quelle dell'altro. Posso condurre o posso farmi guidare, basta ascoltare.
Il bastoncino è il legame, è il mezzo, è un po' di me e un po' di te, è la relazione. Ed è il laboratorio.
Il bastoncino cade, ma non si rompe. Se mi muovo troppo velocemente chi lo tiene con me non riesce a seguirmi, non riesce a soddisfare le mie aspettative e si sente frustrato, ma è l'inadeguatezza della richiesta a provocare la caduta e non l'inadeguatezza di chi tenta di stare al passo.
Il bastoncino cade, ma non si rompe e io posso raccoglierlo. Posso mettermi in gioco quante voglie voglio, come lo voglio e finchè lo voglio.
Il bastoncino cade più e più volte ma se io me le dimentico, le volte in cui è caduto, non mi arrabbierò. Se nessuno mi sta a guardare continuo a giocare. E allora il presente si allarga e dimentica passato e futuro, in un semplice bastoncino.

3 commenti:

  1. Il bastoncino cade, si è fatto un movimento involontario, troppo rapido, qualcuno ha starnutito. In effetti, un'improvvisa gelida filippa (così è chiamata dalle mie parti la folata di vento costante che ti attraversa spesso i piedi) aveva svolazzato tra tutti per una finestra aperta, dimenticata aperta. Triiitac...il bastoncino cade ma non si rompe. Però, l'ho visto bene, quello lì non è riuscito mica a dimenticarsene, aveva il disappunto e la concentrazione dipinta sulla faccia, finché poi un'altra filippa capricciosa ha soffiato e...e...e...ecciù(s)!!! La "s" è per il plurale, qui i suoni seguono le regole delle lingue straniere. Per il plurale? Sì, perché il bastoncino non è mica caduto, quello lì concentrato, ricordando, ha deciso di starnutire anche lui e sorprendentemente il bastoncino è rimasto in piedi in mezzo a due starnuti identici, dato che la filippa era una sola, la stessa. A buona pace degli insegnanti di Tretre (come mio padre pronuncia theatre). A buona pace loro perché d'improvviso pare che quelli avessero imparato a starnutire all'unisono a buona pace anche delle filippe, per gioco, nell'aspettativa, spingendo più a fondo le pretese, impossibilitati a dimenticare come fare, un pò come per la bicicletta. A proposito se vedi due tizi in bici che reggono un bastoncino con i soli indici, come fosse un sottopassaggio che si portano dietro, attraversare la strada dinnanzi casa tua e starnutire per giunta a volte, cerca almeno tu di fermarli.

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  2. E' inutile, ogni storia scavalca, in bici o a piedi, con freschezza o ingenuità o inevitabile maturità, qualsiasi teoria astratta in equilibrio sulla sua balzana logica. Sta per entrare una filippa...devo scappare!

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  3. riesco a immaginarvi, anzi vi vedo!

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