martedì 21 febbraio 2012

Parole sgorgate in una casa d'abruzzo

Scoppietta. In maniera difformemente disordinata, con uno scoppio improvviso, caldo. Ha un sapore che non tocca la lingua, non tocca la pelle ma entra sottilmente e sa di una naturalità antica. E' popolarmente banale parlare di autenticità ma il pensiero si posa là, in un gesto ripetuto da millenni come quello di accendere il fuoco di un camino. Il calore che dà tende al generale ma rimane particolare, bisogna trovare la giusta distanza per goderne in abbondanza. E fuori i monti coronano il mare e sembra che questa terra dove tutto l'anno i panni volano sui fili e lasciano che la pelle si nutra di quel vento che soffia pressochè costantemente sembri più vera. Benchè le strade siano d'asfalto e i muri di cemento gli elementi stanno qui a ricordare l'autenticità. L'apparenza di uno sfarzoso sfoggio guida la lingua profonda di un apparato ornamentale ma le viscere presenziano sotto i colori forti. E la vastità dell'orizzonte si spande a rammentarti che non c'è confine tra il cielo e il mare, che le profondità sono fatte d'azzurro e di rosa, che il vento soffia ma le pietre restano. Il fuoco soffia e viene soffiato, le braci restano più a lungo e il calore donato resta, sottopelle, vivo.

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